Nel momento in cui scrivo, sistematizzando e rivalutando una serie di appunti realizzati principalmente intorno al 2004-2005, una notizia improvvisa e per certi versi clamorosa ha scosso il mondo: il pontefice Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, ha annunciato le sue dimissioni il giorno lunedì 11 febbraio 2013 nel corso di un Concistoro dedicato ad altri scopi. Queste dimissioni, divenute effettive il 28 febbraio scorso, sono un unicum nella storia recente della Chiesa (l'ultimo caso fu il “gran rifiuto” di Celestino V, più di 600 anni fa, che per tale scelta viene condannato da Dante) e aprono, vecchio Papa in vita, la necessità di un Conclave per l'elezione del nuovo Pontefice.
Ma oltre che per il modo in cui è avvenuta, la fine di questo pontificato riporta alla mente gli inquietanti scenari che emergono, ad esempio, da una antica e discussa profezia: quella attribuita a San Malachia, che riporta un elenco di 112 papi, identificati mediante un breve motto latino, a partire da Celestino II (1143-1144) e fino al “De gloria olivae” che dovrebbe corrispondere al papa uscente Benedetto XVI. Non interessa qui dilungarci sull'interpretazione dei vari motti né sulle ipotesi relative alla profezia, alla sua attendibilità e al suo autore1, ma solo accennare alla sua parte conclusiva. Come noto, infatti, il 113° Papa, chiamato “Petrus romanus”, non è identificato da alcun motto ma a lui è dedicata la seguente descrizione in latino:
“In persecutione extrema sacrae romanae ecclesiae sedebit Petrus romanus, qui pasces oves in multis tribolationibus; quibi transactis, civitas septis collis diruetur, et Judex tremendus judicabit populum suum.”2
In altri termini, il prossimo Papa sarebbe l'ultimo, per la profezia di Malachia, e dopo di lui addirittura sarebbe distrutta la città di Roma e ci sarebbe il giudizio universale.
Va considerato che l'identificazione dei Papi collegati ai motti non è sempre certa, e talvolta compaiono pure gli antipapi dei periodi scismatici; tuttavia, ad avvalorare l'ipotesi che il papa chiamato “Petrus romanus” sia quello che deve venire, va osservato che tutti i motti del periodo recente, quello post-bellico, presentano una sufficiente aderenza con i Papi che hanno incarnato il motto stesso: dal “Pastor angelicus” del mite Angelo Pacelli, Pio XII, al “Pastor et nauta” di papa Roncalli, Giovanni XXIII, che fu patriarca di Venezia, fino a “De medietate lunae” di Albino Luciani che fu un papa di transito, perché durò poco più di un ciclo lunare (appena 33 giorni) a causa della sua morte prematura e mai chiarita, o ancora “De labore solis” attribuito a Giovanni Paolo II, papa Wojtyla, spiegabile sia con la sua provenienza da un paese dell'Est, sia con la sua attitudine ai viaggi intorno al globo. Sebbene qualche dubbio rimanga proprio per Benedetto XVI, se si dà credito alla profezia bisogna ammettere che è molto difficile pensare di non essere giunti al momento dell'ultimo Papa.
Dopo questa introduzione ci allontaniamo dalla profezia di Malachia ed esaminiamo quelle del famoso veggente Nostradamus.
Delle sue opere prenderemo in esame solo le Centurie, la lettera a Enrico II re di Francia e le Sestine (vedi breve Appendice).
Il lavoro deve un certo credito all'opera di Luciano Sampietro3, che coglie l'importanza di individuare una datazione dell'opera di Nostradamus mediante le indicazioni lasciate nella lettera al figlio Cesare, in quella a Enrico e in alcune quartine. Il ragionamento che svolge per individuare la data di partenza degli otto millenni di cui parla N. (affermando di trovarsi nel settimo al momento della scrittura della lettera, nel 1555) è in buona misura condivisibile, finché l'interprete non si spinge a cercare di decifrare le sequenze di avvenimenti biblici che gli consentirebbero l'esatta determinazione dell'anno di partenza degli otto millenni. Tuttavia, sembra in generale valida (senza voler qui entrare in dettagli) la considerazione secondo la quale, a noi che scriviamo, tocca vivere nell'ultima parte delle profezie in quanto il settimo millennio si compie in anni vicini al 2000 d.C.
Sampietro esamina anche le pochissime quartine, nelle quali Nostradamus fa riferimento ad anni precisi del calendario. In alcuni di questi casi, attribuendo a tali date un valore letterale, non si giunge a nulla in quanto in quegli anni storici (di poco successivi alla vita di N.) non accade niente che possa attagliarsi al passo citato.
Vi è poi un passo della lettera a Enrico dove sono menzionati, quali anni di rilievo, il 1585 e il 1606, pur senza indicare quali eventi avrebbero avuto luogo.
Al proposito, anche l'interpretazione della lettera a Enrico data da Sampietro, frutto di un'idea notevole, appare complessivamente ben argomentata e ricostruita. In sostanza, la tesi dell'interprete è che la lettera, che è suddivisa in passi preceduti da un numero romano progressivo, debba, da un certo punto in poi, essere assemblata ricomponendo i passi in un ordine diverso per coglierne il significato; tale tesi è giustificata dalla struttura incoerente di questa parte della lettera, che collide in modo evidente con la linearità della parte precedente. In pratica, fino al paragrafo XXXVI, il testo può essere letto nell'ordine, mentre dopo occorrerebbe riassemblare i vari passi. Con questo procedimento l'interprete mette in fila importanti eventi storici del passato; i passi rimanenti individuerebbero eventi collocati nel futuro, che prefigurano rilevanti sconvolgimenti del mondo attuale. Tuttavia, anche questa – è bene ricordarlo – rimane un'interpretazione, anche in virtù del fatto che il “riassemblaggio” dei passi è fatto senza alcuna “chiave”.
La lettera contiene inoltre, come accennato, due sequenze di passi nei quali vengono enumerati fatti biblici, messi in fila, con l'indicazione degli anni trascorsi tra un fatto e l'altro: in entrambi i casi i calcoli non coincidono fra loro né con quanto si legge nella Bibbia. Sembra probabile, per come N. li presenta, che in questi passi siano contenute informazioni per individuare la datazione complessiva delle opere profetiche.
Sampietro prova a venire a capo di questo rebus, commettendo però in questo caso varie forzature e, in definitiva, restando nel campo dell'aleatorio.
Convinti del fatto che esistano varie strade possibili per riuscire a datare almeno alcune delle profezie, noi trascureremo la datazione derivante dalla corretta interpretazione degli accadimenti biblici, per cercare invece di capire, con un metodo prevalentemente induttivo, quali date reali siano celate dagli anni citati sopra.
Cominciamo indicando i passi dove compaiono gli anni in questione.
È chiaro che identificare alcune date, introdotte nelle quartine o nei passi della lettera, costituirebbe una preziosa indicazione perché farebbe uscire gli eventi profetizzati dall'aleatorietà delle interpretazioni generiche, permettendo di concentrarsi solo su quanto è avvenuto (o avverrà) nell'anno citato. Per questo motivo, possiamo ritenere, N. fa un uso ridottissimo delle datazioni e per questo diventano passi-chiave quelli in cui ne fa uso.
È importante quindi in questa sede verificare ed esaminare le Quartine, i passi della lettera a Enrico, e infine anche le Sestine, che contengano riferimenti a date. Preferiamo escludere i molti riferimenti astrologici, che di solito sono di difficile interpretazione e richiedono un efficace uso delle effemeridi.
...CONTINUA
documento completo https://www.dropbox.com/s/mqv98xvm05tfxxg/Datazione_Nostradamus_1.3.pdf
per inviare osservazioni: nostradamus1609@gmail.com
1Secondo l'interprete Natale Lanza, Malachia (per vari motivi) non sarebbe altri che Nostradamus.
2Durante l'estrema persecuzione della santa romana chiesa, siederà [sul seggio] “Petrus romanus”, che pascerà le sue pecore durante molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli sarà distrutta, e il Giudice tremendo giudicherà il suo popolo.
3“Nostradamus settimo millennio”, Luciano Sampietro, 2001, edizioni PIEMME
4Allo spuntar del giorno, al secondo canto del gallo, / Quelli di Tunisi, Fez, e Bougie: / dagli Arabi catturato il “Re Marocco”, / l'anno mille sei cento e sette “de Liturgie”
5Il Clero Romano, l'anno mille sei cento e nove / Al capo dell'anno farà elezione: / D'un grigio e nero della Compagnia uscito, / Che non ce ne fu così maligno.