Visti gli eventi accaduti e che stanno accadendo, pur senza per il momento trarre paralleli con le profezie di Nostradamus, pubblichiamo questa analisi della situazione internazionale attualeche purtroppo presenta scenari di particolare gravità.
Nel frattempo prosegue il lavoro, per ora off-line, su un volumetto sulla credibilità di Nostradamus, di cui contiamo di pubblicare una prima parte tra non molto.
L'inedita
gravità della situazione internazionale
Mentre
il nostro Parlamento si balocca con grottesche riforme istituzionali,
i cittadini che hanno un lavoro rientrano dalle ferie agostane e
quelli che non ce l’hanno lo cercano, solo negli ultimi giorni ci
stiamo accorgendo, in modo molto parziale, della gravità degli
eventi internazionali che stanno avvenendo nelle ultime settimane –
ma in gestazione da molto più tempo.
Siamo vittime di una generale fase di riflusso dell’impegno
sociale (risultato raggiunto “brillantemente” da chi ha
pianificato la crisi economica europea degli ultimi sette anni), del
tradizionale disinteresse dell’opinione pubblica italiana
per la politica estera, e dell’assuefazione a scenari di guerra,
fame e distruzione che avvengono sempre in teatri più o meno
lontani dal nostro giardino e perciò hanno radicato in noi
un’inconscia convinzione di invulnerabilità. Lo stesso abuso
della strategia del terrore ha contribuito a questa inedita
indifferenza alla guerra e ai suoi frutti; inoltre, le generazioni
che tenevano vivo l’orrore per la guerra sono ormai scomparse e i
racconti orali, ben più efficaci dei libri e delle immagini
abusate, si tramandano sempre meno.
Eppure
gli squilibri economici tra le popolazioni del mondo sono andate solo
accentuandosi nei decenni del dopoguerra e ancor di più con la
fase neoliberista.
Eppure
il sogno – incubo occidentale del pensiero unico, del “There
is no alternative” del dopo- crollo del sistema sovietico non è
servito a omologare e soggiogare nel profondo della loro cultura
immense masse di popolazione terrestre. I tre esempi più
vicini all’Europa? L’immenso mondo arabo; la Russia; la Cina. Ce
ne sono molti altri (tra cui India, Sudamerica), ma non così
minacciosi, per varie ragioni.
Eppure
l’economia occidentale, specialmente quella europea, è
fragilissima ben al di là delle stupide e pericolose ricette
di austerity: è fragilissima perché si regge
sull’importazione di materie prime e soprattutto energia fossile
(gas, petrolio) dai Paesi produttori. Quali i più importanti?
L’immenso mondo arabo e la Russia.
La
destabilizzazione e radicalizzazione del mondo arabo è sempre
più evidente ed è stata favorita da alcune ragioni. Una
di queste è la decennale pianificazione del caos da parte
dell’intelligence americana. Dall’attentato autocostruito delle
Torri Gemelle nel 2001, alle guerre condotte coi soldati sul campo
(Afghanistan, 2001; Iraq, 2003), alle mirate azioni di finanziamento,
armamento e disinformazione messe in atto per favorire lo scatenarsi
della guerra civile e la conseguente – o possibile - caduta di
alcuni regimi (Siria, Libia). A ciò si sono aggiunte le
“primavere arabe”, moti reali di popolo che purtroppo, in assenza
di una qualsiasi tradizione (liberale? democratica? civile?), come
già era capitato alla Russia passata dalla monarchia assoluta
degli zar alla rivoluzione comunista, sono sfociate o nella guerra
civile (Libia, Siria) o nella restaurazione di una dittatura
autoritaria (Egitto).
Se
l’Egitto è un caso in controtendenza perché
l'affermazione islamista ha subito una battuta d’arresto, tutti gli
altri scenari vedono il rafforzamento, con mire espansionistiche e
totalitarie, delle milizie organizzate sunnite jihadiste, che si
chiamino ISIS o in altro modo. In Libia esse stanno conquistando il
Paese, restituito alle divisioni tribali dalla fine del dittatore
Gheddafi. In Siria combattono contro il tanto esecrato regime di
Bashar al-Assad (sempre eletto dal popolo come i governi iraniani,
benché con scarsa presenza di concorrenti) e hanno da tempo
spazzato via le formazioni “ribelli” più moderate. In
Iraq, a sua volta condotto al caos dalla guerra americana e dalla
fine del dittatore Saddam Hussein, hanno conquistato buona parte del
Paese e minacciano Baghdad. In vari Paesi dell'Africa subsahariana
(Sudan, Nigeria, Somalia, Ghana) le organizzazioni islamiste sunnite
radicali accrescono il loro potere e controllano porzioni di
territorio.
La
minaccia di al-Baghdadi di unificare i musulmani sotto la sua
bandiera e di conquistare Roma può apparire, per ora, una
spacconata fuori dalla realtà.
Per
il momento il mondo arabo è ancora profondamente diviso, a
partire dalla divisione storica tra sciiti e sunniti. Resistono
l’Iran, che da qualche mese, chissà perché, non è
più additato come “stato canaglia” e “male assoluto”,
il già citato Egitto e la zona del Libano con Hezbollah.
Questi territori al momento sembrano irriducibili alla dominazione
jihadista. Intanto però si rafforza la minaccia di una svolta
islamista nella popolosa Turchia, con la rielezione di Erdogan alla
presidenza e la sua dichiarazione di pensionamento dello stato laico
avviato da Ataturk.
Non
possiamo dimenticare che la presenza di Israele in quel contesto
rappresenta sempre una miccia che può accendersi ben al di là
dei periodici scambi di cortesie con Hamas e che i brutali massacri
operati dallo stato di Netanyahu sui civili palestinesi a Gaza hanno
rafforzato l’odio storico dei popoli arabi verso Israele stesso.
Come
possono avere tutta questa presa i disegni, apparentemente
medioevali, autoritari e antimoderni, di un califfato islamico sulle
persone e popolazioni che si arruolano nelle milizie? Possibili
risposte: il sogno del riscatto arabo verso gli occidentali; quello
altrettanto antico di un mondo arabo unificato sotto una dominazione
unica nel nome di Allah e di Maometto; la forza di un’ideologia
netta, radicale e teleologicamente orientata rispetto a un occidente
nichilista e in crisi di valori, che il liberismo desertificante
prima, e l’austerity mortificante poi, non hano fatto altro
che aggravare. L’Europa è sempre meno un modello, perché
da fuori si vede come la crisi impoverisca le popolazioni europee;
certo, i migranti disperati fuggono verso di noi, ma quale appeal
ha ancora oggi l’adesione all’Europa da parte di Paesi
confinanti?
Solo
in Ucraina tale mito ha avuto ancora presa. L’azione di
destabilizzazione americana e di parte dell’Europa si è
esercitata anche su quel terreno, giocando irresponsabilmente col
fuoco delle tensioni etniche e riaprendo di fatto la guerra fredda
con la Russia – ma già calda sul campo, dove si combatte tra
esercito ucraino e separatisti delle regioni russofone. Finora si è
giocato a colpi di sanzioni, ma la Russia non può tollerare né
un paese filo-Nato alle sue porte, né di perdere credibilità
accettando che i filorussi in Ucraina siano massacrati. Se
rispondesse col taglio della fornitura di gas, cosa rimarrebbe
all’Ucraina se non l’azione militare?
Mentre
la minaccia della crescente unificazione araba, ancora in nuce,
sotto una forza fondamentalista è il più spaventoso
pericolo che corre l’Europa, alienarsi i rapporti con la Russia è
il secondo peggior errore che possiamo fare.
Intanto
per un motivo energetico: senza Libia, Algeria, Russia, non avremmo
praticamente più gas. Senza i Paesi del Golfo non avremmo
quasi più petrolio. Gli USA sono decisamente più
autosufficienti, ma non possono certo rifornire l’Europa ai ritmi
attuali di consumo.
Intanto
la Russia sta aprendo altri fronti per vendere il suo gas: a partire
dall’alleanza per il gasdotto verso la Cina. La Russia ha un
immenso territorio, grandi riserve energetiche, poca popolazione e
poca produzione industriale di prodotti finiti. La Cina ha scarse
riserve energetiche, un’enorme popolazione, un territorio che non
basta a soddisfare le esigenze alimentari, una crescente e multiforme
produzione industriale di prodotti finiti. Sono due partner
potenziali perfetti per un'alleanza che tagli fuori l’Occidente.
Cosa
possiamo fare? Intanto informare, rendere consapevoli: siamo avvitati
su noi stessi in una crisi da tardo Impero, e gli Imperi in crisi,
nella storia, vengono invasi e soggiogati. Recuperare le scelte di
politica europea sottraendole ai banchieri ed alla finanza senza per
questo rafforzare le derive di estrema destra o populiste. Chiedere
in ogni sede e in ogni forma che la politica estera europea cambi
decisamente rotta staccandosi da quella degli Stati Uniti, sostenendo
gli stati del Nordafrica e del Medio Oriente che resistono
all’avanzata islamista, recuperando il rapporto con la Russia.
L’anno
scorso, un accordo in extremis proposto da Putin e Bashar
al-Assad, che sfruttava con arguzia un maldestro “ultimatum”
proposto da Kerry (e anche, bisogna ammetterlo, l’azione di
pressione del Papa sulle opinioni pubbliche occidentali) ha evitato
l’intervento armato in Siria, preludio di una terza guerra
mondiale. Per quanto tempo ancora riusciremo a evitarla?
fine
agosto 2014
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