domenica 7 settembre 2014

L'inedita gravità della situazione internazionale

Visti gli eventi accaduti e che stanno accadendo, pur senza per il momento trarre paralleli con le profezie di Nostradamus, pubblichiamo questa analisi della situazione internazionale attualeche purtroppo presenta scenari di particolare gravità.
Nel frattempo prosegue il lavoro, per ora off-line, su un volumetto sulla credibilità di Nostradamus, di cui contiamo di pubblicare una prima parte tra non molto.
L'inedita gravità della situazione internazionale

Mentre il nostro Parlamento si balocca con grottesche riforme istituzionali, i cittadini che hanno un lavoro rientrano dalle ferie agostane e quelli che non ce l’hanno lo cercano, solo negli ultimi giorni ci stiamo accorgendo, in modo molto parziale, della gravità degli eventi internazionali che stanno avvenendo nelle ultime settimane – ma in gestazione da molto più tempo.
Siamo vittime di una generale fase di riflusso dell’impegno sociale (risultato raggiunto “brillantemente” da chi ha pianificato la crisi economica europea degli ultimi sette anni), del tradizionale disinteresse dell’opinione pubblica italiana per la politica estera, e dell’assuefazione a scenari di guerra, fame e distruzione che avvengono sempre in teatri più o meno lontani dal nostro giardino e perciò hanno radicato in noi un’inconscia convinzione di invulnerabilità. Lo stesso abuso della strategia del terrore ha contribuito a questa inedita indifferenza alla guerra e ai suoi frutti; inoltre, le generazioni che tenevano vivo l’orrore per la guerra sono ormai scomparse e i racconti orali, ben più efficaci dei libri e delle immagini abusate, si tramandano sempre meno.

Eppure gli squilibri economici tra le popolazioni del mondo sono andate solo accentuandosi nei decenni del dopoguerra e ancor di più con la fase neoliberista.
Eppure il sogno – incubo occidentale del pensiero unico, del “There is no alternative” del dopo- crollo del sistema sovietico non è servito a omologare e soggiogare nel profondo della loro cultura immense masse di popolazione terrestre. I tre esempi più vicini all’Europa? L’immenso mondo arabo; la Russia; la Cina. Ce ne sono molti altri (tra cui India, Sudamerica), ma non così minacciosi, per varie ragioni.
Eppure l’economia occidentale, specialmente quella europea, è fragilissima ben al di là delle stupide e pericolose ricette di austerity: è fragilissima perché si regge sull’importazione di materie prime e soprattutto energia fossile (gas, petrolio) dai Paesi produttori. Quali i più importanti? L’immenso mondo arabo e la Russia.


La destabilizzazione e radicalizzazione del mondo arabo è sempre più evidente ed è stata favorita da alcune ragioni. Una di queste è la decennale pianificazione del caos da parte dell’intelligence americana. Dall’attentato autocostruito delle Torri Gemelle nel 2001, alle guerre condotte coi soldati sul campo (Afghanistan, 2001; Iraq, 2003), alle mirate azioni di finanziamento, armamento e disinformazione messe in atto per favorire lo scatenarsi della guerra civile e la conseguente – o possibile - caduta di alcuni regimi (Siria, Libia). A ciò si sono aggiunte le “primavere arabe”, moti reali di popolo che purtroppo, in assenza di una qualsiasi tradizione (liberale? democratica? civile?), come già era capitato alla Russia passata dalla monarchia assoluta degli zar alla rivoluzione comunista, sono sfociate o nella guerra civile (Libia, Siria) o nella restaurazione di una dittatura autoritaria (Egitto).

Se l’Egitto è un caso in controtendenza perché l'affermazione islamista ha subito una battuta d’arresto, tutti gli altri scenari vedono il rafforzamento, con mire espansionistiche e totalitarie, delle milizie organizzate sunnite jihadiste, che si chiamino ISIS o in altro modo. In Libia esse stanno conquistando il Paese, restituito alle divisioni tribali dalla fine del dittatore Gheddafi. In Siria combattono contro il tanto esecrato regime di Bashar al-Assad (sempre eletto dal popolo come i governi iraniani, benché con scarsa presenza di concorrenti) e hanno da tempo spazzato via le formazioni “ribelli” più moderate. In Iraq, a sua volta condotto al caos dalla guerra americana e dalla fine del dittatore Saddam Hussein, hanno conquistato buona parte del Paese e minacciano Baghdad. In vari Paesi dell'Africa subsahariana (Sudan, Nigeria, Somalia, Ghana) le organizzazioni islamiste sunnite radicali accrescono il loro potere e controllano porzioni di territorio.
La minaccia di al-Baghdadi di unificare i musulmani sotto la sua bandiera e di conquistare Roma può apparire, per ora, una spacconata fuori dalla realtà.
Per il momento il mondo arabo è ancora profondamente diviso, a partire dalla divisione storica tra sciiti e sunniti. Resistono l’Iran, che da qualche mese, chissà perché, non è più additato come “stato canaglia” e “male assoluto”, il già citato Egitto e la zona del Libano con Hezbollah. Questi territori al momento sembrano irriducibili alla dominazione jihadista. Intanto però si rafforza la minaccia di una svolta islamista nella popolosa Turchia, con la rielezione di Erdogan alla presidenza e la sua dichiarazione di pensionamento dello stato laico avviato da Ataturk.
Non possiamo dimenticare che la presenza di Israele in quel contesto rappresenta sempre una miccia che può accendersi ben al di là dei periodici scambi di cortesie con Hamas e che i brutali massacri operati dallo stato di Netanyahu sui civili palestinesi a Gaza hanno rafforzato l’odio storico dei popoli arabi verso Israele stesso.

Come possono avere tutta questa presa i disegni, apparentemente medioevali, autoritari e antimoderni, di un califfato islamico sulle persone e popolazioni che si arruolano nelle milizie? Possibili risposte: il sogno del riscatto arabo verso gli occidentali; quello altrettanto antico di un mondo arabo unificato sotto una dominazione unica nel nome di Allah e di Maometto; la forza di un’ideologia netta, radicale e teleologicamente orientata rispetto a un occidente nichilista e in crisi di valori, che il liberismo desertificante prima, e l’austerity mortificante poi, non hano fatto altro che aggravare. L’Europa è sempre meno un modello, perché da fuori si vede come la crisi impoverisca le popolazioni europee; certo, i migranti disperati fuggono verso di noi, ma quale appeal ha ancora oggi l’adesione all’Europa da parte di Paesi confinanti?

Solo in Ucraina tale mito ha avuto ancora presa. L’azione di destabilizzazione americana e di parte dell’Europa si è esercitata anche su quel terreno, giocando irresponsabilmente col fuoco delle tensioni etniche e riaprendo di fatto la guerra fredda con la Russia – ma già calda sul campo, dove si combatte tra esercito ucraino e separatisti delle regioni russofone. Finora si è giocato a colpi di sanzioni, ma la Russia non può tollerare né un paese filo-Nato alle sue porte, né di perdere credibilità accettando che i filorussi in Ucraina siano massacrati. Se rispondesse col taglio della fornitura di gas, cosa rimarrebbe all’Ucraina se non l’azione militare?

Mentre la minaccia della crescente unificazione araba, ancora in nuce, sotto una forza fondamentalista è il più spaventoso pericolo che corre l’Europa, alienarsi i rapporti con la Russia è il secondo peggior errore che possiamo fare.
Intanto per un motivo energetico: senza Libia, Algeria, Russia, non avremmo praticamente più gas. Senza i Paesi del Golfo non avremmo quasi più petrolio. Gli USA sono decisamente più autosufficienti, ma non possono certo rifornire l’Europa ai ritmi attuali di consumo.
Intanto la Russia sta aprendo altri fronti per vendere il suo gas: a partire dall’alleanza per il gasdotto verso la Cina. La Russia ha un immenso territorio, grandi riserve energetiche, poca popolazione e poca produzione industriale di prodotti finiti. La Cina ha scarse riserve energetiche, un’enorme popolazione, un territorio che non basta a soddisfare le esigenze alimentari, una crescente e multiforme produzione industriale di prodotti finiti. Sono due partner potenziali perfetti per un'alleanza che tagli fuori l’Occidente.

Cosa possiamo fare? Intanto informare, rendere consapevoli: siamo avvitati su noi stessi in una crisi da tardo Impero, e gli Imperi in crisi, nella storia, vengono invasi e soggiogati. Recuperare le scelte di politica europea sottraendole ai banchieri ed alla finanza senza per questo rafforzare le derive di estrema destra o populiste. Chiedere in ogni sede e in ogni forma che la politica estera europea cambi decisamente rotta staccandosi da quella degli Stati Uniti, sostenendo gli stati del Nordafrica e del Medio Oriente che resistono all’avanzata islamista, recuperando il rapporto con la Russia.
L’anno scorso, un accordo in extremis proposto da Putin e Bashar al-Assad, che sfruttava con arguzia un maldestro “ultimatum” proposto da Kerry (e anche, bisogna ammetterlo, l’azione di pressione del Papa sulle opinioni pubbliche occidentali) ha evitato l’intervento armato in Siria, preludio di una terza guerra mondiale. Per quanto tempo ancora riusciremo a evitarla?

fine agosto 2014

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